di Barbara Coccagna
facciamo finta che sia una vacanza, altrimenti ci suicidiamo tutti” esclama con un evidente accento aquilano e un pizzico di ironia un anziano signore che passeggia davanti alla macchina fotografica, irrompendo nella nostra conversazione.
Per le vie del centro di Roseto degli Abruzzi, dialogavamo di tutt’altro, ma il passante aquilano, afferrando frammenti del nostro discorso, li trasferisce in modo quasi automatico nella sua realtà emozionale, nella certezza di poter condividere con noi l’esperienza del dopo terremoto.
Il terremoto è diventato la sua chiave di lettura della realtà, nella quale ogni persona e ogni problema è riconducibile allo status di terremotato.
Un giornale ed una sportina in un braccio, con un passo lento ed un fare di chi non ha fretta, l’anziano signore spende il suo tempo.
Il suo incedere è anonimo, trapiantato in una realtà estranea, senza punti di riferimento.
Interpreta il ruolo del turista, pur non vestendone i panni ed è immerso in una ritrovata quotidianità.
Per “tirare avanti” tenta di persuadersi di essere in vacanza, quasi a voler dimenticare la sua condizione di sfollato, di esiliato, quasi che l’idea stessa lo allontani dal pensiero di un futuro poco rassicurante.
facciamo finta che sia una vacanza, altrimenti ci suicidiamo tutti” esclama con un evidente accento aquilano e un pizzico di ironia un anziano signore che passeggia davanti alla macchina fotografica, irrompendo nella nostra conversazione.
Per le vie del centro di Roseto degli Abruzzi, dialogavamo di tutt’altro, ma il passante aquilano, afferrando frammenti del nostro discorso, li trasferisce in modo quasi automatico nella sua realtà emozionale, nella certezza di poter condividere con noi l’esperienza del dopo terremoto.
Il terremoto è diventato la sua chiave di lettura della realtà, nella quale ogni persona e ogni problema è riconducibile allo status di terremotato.
Un giornale ed una sportina in un braccio, con un passo lento ed un fare di chi non ha fretta, l’anziano signore spende il suo tempo.
Il suo incedere è anonimo, trapiantato in una realtà estranea, senza punti di riferimento.
Interpreta il ruolo del turista, pur non vestendone i panni ed è immerso in una ritrovata quotidianità.
Per “tirare avanti” tenta di persuadersi di essere in vacanza, quasi a voler dimenticare la sua condizione di sfollato, di esiliato, quasi che l’idea stessa lo allontani dal pensiero di un futuro poco rassicurante.
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